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eCommerce: i numeri più importanti non si trovano su Analytics

eCommerce: i numeri più importanti non si trovano su Analytics

Succede che nel mondo delle vendite online ci si concentri maggiormente sulle tecnicalità, più che sul marketing. E che i progetti ben orientati al marketing si curino in prevalenza dei numeri di canale (digital), più che di quelli d’insieme. Fortunatamente c’è anche un terzo scenario, quello nel quale si interpreta l’eCommerce come un sistema di vendita a 360°: ecco l’unico modello capace di comprendere se le cose funzionano e – qualora non fosse così – di intervenire rapidamente per migliorare. Un piccolo cambiamento in quest’ottica è capace di genere molti più benefici di un grande cambiamento nel front-end.

Caso studio eCommerce retail

Facciamo un esempio un po’ estremo, solo per definire bene di cosa stiamo parlando. Immaginiamo un piccolo eCommerce che genera 10 ordini al giorno, con all’attivo qualche campagna che “funziona bene” ovvero ha un buon ROAS e un buon tasso di conversione. Con solo queste informazioni (lato digital) saremmo quindi portati ad aumentare il budget della campagna per incrementare (magari meno che proporzionalmente) le vendite e i ricavi. Ma gli utili?

Analizzando a fondo ciò che succede dietro le quinte di una vendita si potrebbe invece scoprire che una parte degli ordini raccolti lavora in perdita. Finché si tratta di una scelta strategica va tutto bene (lo abbiamo fatto anche noi in agenzia, e ha funzionato), il vero problema è quando non lo sappiamo e quindi… non lo abbiamo scelto! Già, perché togliendo tutti i costi (compresi gli sconti) la situazione potrebbe non essere rosea come a una prima occhiata: in questi casi è necessario apportare subito dei correttivi per evitare che con l’aumento degli ordini aumentino – paradossalmente – le perdite. Più ordini = più perdite? C’è corto circuito! 🙂

Vediamo ora il caso reale di un progetto gestito in Merlin Wizard (rimanendo sul generico, potrebbe essere applicabile a chiunque), dal quale vengono estratti a campione alcuni ordini sul mese:

A colpo d’occhio si nota facilmente che metà degli ordini ha un preoccupante segno meno davanti. In questo negozio, un singolo ordine deve infatti sopportare diversi costi:

  1. sconto applicato al prezzo di listino;
  2. spese di spedizione (quando gratuite le paga il merchant e diventano un costo);
  3. contrassegno (costi di incasso, di giacenze temporanee ecc.);
  4. imballo (scatola di cartone, scotch ecc.);
  5. commissioni bancarie (per la transazione online in tempo reale);
  6. costo del prodotto in magazzino.

Per semplicità, al momento, non consideriamo la modalità di attribuzione del “costo venduto” (che non essendo un pure player – e quindi usando un magazzino condiviso con i negozi fisici – andrebbe magari spalmato secondo politica interna, comunque diversa dal 100% che vedete qui attribuito). Inoltre, nella tabella, non vengono considerati i costi del personale, delle consulenze e delle campagne pubblicitarie. Tantomeno i costi di reso, che per questo sito sono oggi gratuiti come politica commerciale.

Va da sé che, in generale, occorre una marginalità importante e volumi seri per puntare alla sostenibilità di un eCommerce. Fatta la dovuta premessa, come si può intervenire concretamente? Raccogliere e analizzare questa tipologia di dato è già un buon punto di partenza, con un approccio periodico verranno completate valutazioni simili e in conseguenza avviate le ottimizzazioni al modello.

Come aumentare la marginalità di un ordine?

Nel caso sopra riportato si nota che gli ordini in perdita sono anche quelli con una percentuale di sconto molto alta, dal 50% in sù. Il sito ha infatti una sezione Outlet che funziona molto bene in termini di volumi di vendita. Non per nulla il tema prezzo/sconto è uno degli argomenti più trattati dagli eCommerce Store Manager qui in agenzia, una sorta di FAQ per i merchant che si vedono costretti a partecipare alla guerra dei prezzi quando non hanno possibilità (o volontà) di offrire un elemento distintivo che giustifichi l’acquisto sul loro shop invece che altrove. Questo accade quando si vendono commodity o quando, da “buon” retailer, si mantiene un approccio strategico tipico del negozio su strada.

Ma lo sconto non è l’unico elemento che concorre a generare il problema, si può quindi lavorare su vari fronti. Ecco perché ha sempre senso pianificare dei test, raccogliendo i risultati di due o tre scenari per ogni ottimizzazione teorica. La difficoltà è tutta nel capire su cosa basare gli esperimenti, ecco quindi qualche spunto per casi simili al nostro:

1) Lavorare sugli sconti problematici
Il cliente dice “togliamo gli sconti!”, ma lo sconto non è sempre il male 🙂 E non tutti gli sconti sono uguali, ecco perché è poco sensato rimuoverli in maniera indiscriminata (come lo è farli sempre e su tutto). Si può:

  • testare la riduzione (di valore o in quantità)
  • escluderli dalle campagne pubblicitarie, verificando cosa succede ai volumi e ai profitti. Se c’è un basso riordino e LTV, infatti, può anche convenire vendere meno
  • ridurre o eliminare solo gli sconti sopra il 50% (dai calcoli, in questo caso, risultano essere quelli che mandano l’ordine in perdita), sempre misurando come questo impatta sul resto degli ordini e sull’andamento complessivo

2) Agire sulla soglia per la spedizione gratuita
Il costo di spedizione, lo dico sempre, è forse l’aspetto più odiato dell’eCommerce. Un elemento che può spostare la scelta di acquisto verso un altro sito o addirittura verso l’offline. In questo caso la soglia è stata fissata a 50 €, quindi è importante analizzare quanti ordini pregressi hanno beneficiato di questa opzione (nella tabella ne vediamo 4 su 6). Si possono fare un paio di test, non paralleli, per esempio:

  • spostare la soglia della spedizione gratuita a 60 €
  • aumentare il costo di spedizione, spostandolo sui prodotti (se per esempio sappiamo che mediamente gli ordini hanno 3 prodotti ciascuno si può testare l’aumento dei prezzi di 2 euro per prodotto su tutto il catalogo) o altrove

Ma anche valutare il prossimo punto.

3) Spedizione gratuita se…
E’ altresì utile fare un esperimento sul cross-selling inerente la spedizione, inserendo per esempio nel carrello un prodotto a basso costo e alta marginalità (se vendi scarpe alcuni esempi sono le stringhe, i calzini, il grasso per la pelle ecc.) e indicando che con l’aggiunta di quel prodotto la spedizione sarà gratuita. Una bella situazione win-win: l’acquirente si trova a pagare un prezzo simile a prima (prodotto + spedizione) ma ottenendo un secondo prodotto complementare, il venditore si trova invece a regalare la spedizione senza pagarla di tasca sua (usando la marginalità del prodotto in cross-selling e, magari, marginando anche qualche euro).

4) Intervenire sul reso
Il reso è un diritto garantito per legge, tuttavia alcuni negozi online offrono una garanzia maggiore oppure la copertura del costo in più oltre agli obblighi in essere (ovviamente per stimolare l’acquisto riducendo le frizioni). Questo progetto offre il reso gratuito su tutti gli ordini, cioè il merchant paga la spedizione di rientro (come fa Amazon, per capirci). Prima di tutto occorre analizzare quanti ordini in percentuale richiedono il reso, se si tratta di comportamenti prevedibili (es. due taglie diverse/vicine dello stesso prodotto) ecc. Con queste informazioni si può calcolare quali sono i costi di reso per il merchant e se sono sostenibili. Come ottimizzazione ci sono varie strade, da percorrere solo se l’analisi precedente determina un costo insostenibile, ecco alcuni esempi:

  • l’incremento di costo su alcuni articoli pari al costo vivo della spedizione
  • la limitazione delle condizioni che possono portare a un reso (tabella taglie, assistenza telefonica ecc.)
  • il reso gratuito solo a determinate condizioni e così via.

5) Politica di gamma e di prezzo
In maniera ancora più semplice, per quanto grezza e sconsigliata, si può portare online solo i prodotti che hanno determinate caratteristiche o che hanno prezzi di un certo tipo. Chiaramente questo può limitare di molto le campagne e l’organico, è quindi possibile lavorare magari con un modello intermedio che preveda di mettere in risalto prodotti di un certo tipo a sfavore di altri (che rimangono comunque presenti se cercati in maniera attiva). Allo stesso modo si potrebbe lavorare, in forma certamente più sofisticata, sui suggerimenti automatizzati magari adottando un software/algoritmo apposito.

6) Aumento dello scontrino
Con apposite attività di cross-selling o di up-selling è possibile fare in modo che lo scontrino medio salga un pochino. Gli approcci sono tanti e vari: suggerimenti, outfit, abbinamenti, profilazione, sconti quantità, sconti famiglia, prodotto in regalo a determinate condizioni (es. minimo due prodotti in carrello oppure per l’acquisto di un prodotto specifico), servizio in regalo (es. consegna rapida, pacchetto regalo) a determinate condizioni ecc. La stessa cosa per stimolare i riordini, cioè gli ordini per i quali non paghiamo l’advertising in quanto possiamo dialogare direttamente con i già clienti. Anche in quest’ultimo caso non è bene trattare tutti i clienti allo stesso modo… meglio segmentarli per tempo dall’ultimo acquisto, numero di ordini effettuati, totale euro spesi (ovvero RFM Matrix).

Quanto tempo è necessario per un esperimento?

Dipende dal test, se è fatto in una zona del sito ad alto traffico (es. le categorie) è necessario meno tempo, se in una zona a basso traffico (es. carrello o checkout) serve più tempo. Non è possibile stabilire genericamente se qualche settimana o qualche mese, dipende da quanto traffico riceve il sito e quanto per voi ha valore l’attendibilità statistica: per prendere una decisione vi fidate di 1.000, 3.000 o 10.000 visite? E’ chiaro quindi che il tempo trascorso diventa anch’esso un costo, a ognuno le sue valutazioni.

E voi… cosa fareste in questo caso? Se problematiche simili a quelle descritte nel post sono all’ordine del giorno e avete bisogno di un affiancamento professionale potete sempre far conto sul team Merlin Wizard 🙂 qui tutti i nostri contatti >

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