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Google Partners: i vantaggi di essere un’agenzia certificata

Google Partners: i vantaggi di essere un’agenzia certificata

Ieri ho accettato l’invito della nostra Account Strategist del Team Agenzie di Google Italia, a una mezza giornata di focus sul supporto Google per le agenzie partners e per un confronto diretto (finalmente vis-à-vis) con chi rappresenta l’interfaccia tra noi, agenzia certificata, e loro, The BigG.

Noi, Google Partners

Già, Badge Google Partnerperché va fatta una premessa: Merlin Wizard è agenzia certificata Google Partners per la pubblicità sulla rete di ricerca (AdWords), e ciò fornisce ai nostri clienti una garanzia importante in termini di qualità e di affidabilità. Poiché, attenzione, per avere il “badge” Google Partner la certificazione non è sufficiente, benché di per sé già importante: occorre altresì continuamente dimostrare un elevato rendimento, ossia rispettare delle “best practices” che garantiscano in modo concreto la soddisfazione del cliente finale, day-by-day.

I benefici per il cliente

La mattinata è stata intensa. Le danze si sono aperte con la necessaria panoramica sull’ecosistema di tools e prodotti Google per la pubblicità ed è proseguita con un approfondimento del supporto che il Team Agenzie garantisce ai partner. I benefici non sono pochi e non sono di poco conto:

  • training di prodotto;
  • esclusive offerte promozionali;
  • studi di settore specifici;
  • certificazione di prodotto (per l’appunto);
  • accesso a una community esclusiva, attraverso la quale approfondire i temi e sviluppare le competenze su casi studio reali.

Tutto ciò, come dicevo, a totale vantaggio di chi si avvale infine di questa professionalità acquisita: il cliente finale. Il nostro cliente. Tu.

Mobile, geo, video e intelligent tools di Google

E’ stato poi il turno di Luciano Cantoni, Performance Sales Activation Luciano CantoniLead in Google, che è partito da concetti che ormai tutti abbiamo acquisito: che il mobile ha cambiato tutto; che la vera questione non è più essere “tap-friendly” ma saper gestire il momento in cui l’utente “consuma” i nostri touch points su mobile; che gli utenti sono più smart di quanto pensiamo e che di conseguenza sono anche più “infedeli” di un tempo. Tuttavia ha segnalato anche cose importanti, che credevamo ben sedimentate ma che in realtà non avevamo registrato con la loro necessaria priorità: che il “segnale geo” è una rivoluzione da non trascurare, che i video online fanno ormai 6 miliardi di views al mese, che ci sono circa 100 miliardi di ricerche ogni mese in tutto il mondo. Numeri da capogiro. E Google mette a disposizione “intelligent tools”, in grado di intercettare questi cambiamenti e di accrescere il potenziale di chi li usa. Un esempio su tutti, ma solo perché mi ha colpito più degli altri, è “Draft & Experiments”, ovvero un improvement di Esperimenti di AdWords che in soldoni permette di fare A/B testing all’interno della medesima campagna (senza incorrere nel problema della concorrenza con se stessi), attribuendo una percentuale del budget all’esperimento, permettendo di comprendere davvero quale è versione più performante e di agire di conseguenza.

Ma poi ancora: la segmentazione automatica del bid per Geo e l’insightful reporting per stimare le conversioni, solo per citarne altri due.

App o sito responsive?

Ma torniamo al mobile. Secondo Luciano è fondamentale diventare una “mobile first company. E qui scatta la domanda-mantra: meglio l’app o il sito responsive? La risposta non cambia ed è sempre “dipende”. Più dell’80% dell’utilizzo mobile arriva da app, ma di che utilizzo stiamo parlando? Quasi la stessa percentuale di utilizzo rappresenta la somma di gaming e social. Dall’altra parte il 14% del tempo speso su mobile è invece più “commercial” e quella stessa percentuale sembra passare dal browser. Insomma ci siamo capiti: per più dell’80% del tempo usiamo app ma solo per giocare o per interagire sui social networks, mentre per buona parte del tempo che ci rimane usiamo lo smartphone per fare “cose commercialmente rilevanti” per lo più approdando ancora sui cari e vecchi siti fatti di HTML, CSS e tanto duro lavoro lato server (con la preghiera che siano responsive o mobile first).

Ad ogni modo le funzioni e i prodotti Google per la promozione delle app sono già ricchissimi: app keyword suggestion, in app install, true view, prodotti per il re-engagement (lo sapevate che per l’80% le app che installiamo le usiamo una volta sola?) e non da ultimo l’app deeplinking.

Attribution e integrazione dei dati

Poi una notizia sconvolgente: nel mondo solo il 6% dei dati disponibili sono effettivamente utilizzati per prendere delle decisioni rilevanti per il business. E se non bastasse, molto spesso gli strumenti che utilizziamo adottano metriche diverse tra loro e non si integrano. In questo ecosistema confuso finiamo per convincerci di realtà distorte, come per esempio che il mobile non converte. Confessate, quanti di voi sono arrivati a questa conclusione? Ma ragioniamo: negli ultimi tempi siamo testimoni di una riduzione continua delle sessioni desktop in favore di quelle mobile/tablet, ma allo stesso tempo le conversioni crescono in valore assoluto. Com’è possibile? Basterebbe questo per farci comprendere l’inghippo: il mobile è sottostimato e la questione è puramente di attribution. Il cliente arriva sempre più da mobile ma infine compra da desktop, appena rientra in ufficio o a casa la sera, e noi insistiamo a non volerlo comprendere. L’integrazione dei dati è la soluzione per darci finalmente chiarezza.

Automatizzazione, feed e what’s next

Si è parlato poi di automatizzazione (ancora!), che ci libera dalle faccende di scarso valore strategico per destinare tempo al lavoro di testa. E ancora di feed prodotti: il motto è ormai “feed is the new keyword”, una vera e propria Shopping Revolution che sta scoppiando in tutto il mondo, ma questo è un argomento che da solo giustificherebbe più di un post.

Slide di recap

Infine, sollecitato dalla platea ad anticipare ciò che di davvero importante ha in serbo Google per il prossimo futuro, Luciano ha chiuso con un ironico “se anche lo sapessi non ve lo potrei dire”, ed era scontato, ma una pulce nell’orecchio ce l’ha comunque voluta mettere: “la grande sfida del prossimo futuro è il multiscreen, in senso ampio, non solamente in termini di attribuzione”.

Chi vivrà vedrà.

La mattinata si è conclusa con un light lunch (ma poi può una pasta pasticciata rientrare nel concetto di light?) in compagnia di Sabrina, la nostra Optimizer, di tutto il team Google e di molti simpatici colleghi di altre agenzie.

Un po’ di networking e chiacchiere a pancia piena non hanno mai fatto male a nessuno  😉

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