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Email Marketing: come funziona il punteggio spam

Email Marketing: come funziona il punteggio spam

Occuparsi di email marketing non vuol dire solo concentrarsi sull’efficacia dei contenuti delle DEM/newsletter dal punto di vista esclusivamente commerciale, bisogna anche fare in modo che le comunicazioni arrivino nell’inbox dei nostri destinatari e non in spam.
Esistono dei test da effettuare sulle nostre creatività (la maggior parte delle piattaforme di email marketing hanno tool interni appositi) che ci forniscono un punteggio spam in base al quale possiamo sapere qual è il reale rischio di vederci recapitate le nostre email nella posta indesiderata.

Come funziona il punteggio spam?

Nessuno lo dice, in verità. Se ogni motore di difesa spam dichiarasse tutte le regole che sono utilizzate per filtrare i messaggi, diventerebbe fin troppo facile trovare le contromisure per aggirarle, elementare.

Diciamo però che, parlando in generale (senza restare tuttavia troppo vaghi) i filtri antispam prendono in considerazione criteri di giudizio comuni per valutare quanto una mail può essere indesiderata e ad ognuno assegnano un valore; la somma di tutti i valori da come risultato l’accettazione o meno di una comunicazione.

test antispam ok

FIG.1 – Un tipico punteggio spam con valori nella norma.

Contenuti

Da un punto di vista prettamente contenutisco, il rischio di essere bollati come spam aumenta quando si parla di denaro (molto denaro!), farmaci poco reperibili e “consueti”, contenuti per adulti.

Inoltre è il caso di evitare l’utilizzo di:

  • Frasi generiche e ammiccanti come “Clicca qui!”, “E’ l’opportinità di una vita!”;
  • FRASI COMPLETAMENTE MAIUSCOLE sia nel contenuto sia (e soprattutto) nell’oggetto, che equivalgono convenzionalmente, nella comunicazione scritta, ad urlare;
  • troppi punti esclamativi!!!! Per lo stesso motivo;
  • l’utilizzo di creatività troppo sbilanciate verso l’utilizzo di immagini rispetto al testo, o peggio, di sole immagini. I filtri antispam devono essere in grado di leggere cosa state cercando di comunicare, per cui non bisogna dare il sospetto di nascondere paroline magiche (vi sono mai arrivate mail riguardanti farmaci di un certo tipo con i nomi di suddetti prodotti in jpg anziché in testo? Ecco!).

HTML

Sempre riguardo il contenuto, il codice HTML utilizzato ha anch’esso un certo peso specifico. Più pulito è meglio è, evitate di produrre HTML tramite software che tendono a sporcare il codice con troppi “commenti”, o addirittura peggio, non generate il codice da programmi non ottimizzati in quel senso; con tutto il rispetto per Word ad esempio, anche no…

Link

Tutto ciò che è fonte di traffico è altamente sorvegliato. Meno sono, i link, meglio è, in ogni caso cercate di puntare sulla coerenza. Tanti link diversi danno sicuramente fastidio ai filtri antispam. Utilizzare un sender con un certo dominio, un replay con un altro, i link che puntano da un’altra parte ancora e così via, è altamente deprecabile. Utilizzare sender e replay identici, hostare le immagini sul medesimo dominio etc… è l’ideale.

Profilare…

…è meglio che stressare! E’ lapalissiano, ma neanche tanto in realtà. Inviare costantemente a destinatari inattivi (che non aprono le comunicazioni) non rappresenta solo una perdita di tempo e denaro, ma è il metodo più sicuro per finire in spam in prima battuta, e se non basta, guadagnarsi addirittura dei ban e quindi peggiorare addirittura la deliverability.
La pubblicità, diciamocelo, non è sempre gradita (già…) per cui la non apertura è vista come un primo sintomo di disinteresse, e insistere sui disinteressati sappiamo che è, passatemi il termine poco tecnico, quantomeno “maleducato”. Per cui bisogna cercare di mantenere la reputazione della lista alta inviando alle persone interessate, e facendo blandi e radi tentativi verso i non apritori, sperando prima o poi di portarli dalla parte dei buoni contatti.

Nella Fig.2 qui di seguito vediamo lo stesso test di Fig.1 con risultati completamente (oserei dire drammaticamente) diversi. Stesso design della newsletter, stesse immagini, stessi testi. Il fattore scatenante? Il dominio indicato nelle URL. Questo è un caso reale di un cliente che aveva, a sua e nostra insaputa fin qui, il dominio con una pessima reputazione. Sempre nel caso specifico, l’utilizzo del dominio .it piuttosto che .com, influiva drasticamente sul risultato finale.

test antispam con risultato pessimo

FIG.2 – Medesimo test che vedete già in Fig.1 ma con url in blacklist

Quest’ultimo punto è il più importante. Possiamo creare le DEM o Newsletter più efficaci del mondo, ma se inviamo sciaguratamente a chiunque, come non ci fosse un domani, beh, presto o tardi per la nostra lista un domani non renderà più.

In conclusione

Come detto all’inizio, questo articolo vuole essere una guida base sugli errori più grossolani da evitare per incappare in blocchi antispam. La ricetta precisa non esiste, perché non esiste linea guida ufficiale di nessun provider che ci racconta per filo e per segno come opera in tal senso, e quindi come aggirarlo.

Per fare un parallelo automobilistico, se siamo automobilisti diligenti in grado di rispettare i limiti di velocità sempre, gli autovelox non ci prendono, neanche quelli nascosti.

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